Parti comuni in condominio

Quanto alle scale – così come i pianerottoli, quali componenti essenziali di esse, ovvero gli androni -, esse rappresentano elementi necessari alla configurazione di un edificio diviso per piani, configurando anche mezzo indispensabile per accedere al tetto o alla terrazza di copertura, anche al fine di provvedere alla loro conservazione – si veda, per un approfondimento, anche in relazione alla giurisprudenza qui citata, la seconda edizione del volume Riccardo Mazzon, “Manuale del contenzioso condominiale“, Maggioli 2019 -; pertanto, la presunzione di proprietà condominiale delle scale non viene superata dal mero fatto per cui il regolamento condominiale, tra le varie scale esistenti per l’accesso al lastrico di copertura, ne privilegi una, espressamente indicandola come normale via d’accesso ad esso: anzi, esse devono presumersi comuni nella loro interezza, anche se poste concretamente al servizio soltanto di talune delle porzioni dello stabile, a tutti i partecipanti alla collettività condominiale” (Cass. civ., Sez. II, 20/04/2017, n. 9986, CED Cassazione 2017; Cass. civ., Sez. VI, 2, 09/03/2016, n. 4664, Quotidiano Giuridico, 2016; Cass. civ. Sez. II, 21/05/2015, n. 10483, Imm. e propr., 2015, 8-9, 532, Giur. It., 2015, 10, 2074 Cass., sez. II, 26 novembre 1999, n. 13200, GC, 2000, I, 1717; Cass., sez. II, 10 luglio 2007, n. 15444, GDir, 2007, 41, 65; Cass., sez. II, 7 maggio 1997, n. 3968, RGE, 1998, I, 318; Cass., sez. II, 1 marzo 1995, n. 2324, GCM, 1995, 479; Cass., sez. II, 23 febbraio 1994, n. 1776, GCM, 1994, 197; Cass., sez. II, 14 febbraio 2006, n. 3159, GCM, 2006, 2; Cass., sez. II, 22 marzo 1985, n. 2070, GCM, 1985, 3; Cass., sez. II, 3 settembre 2010, n. 19045, DeG, 2010; Cass., sez. II, 18 dicembre 1995, n. 12894, GCM, 1995, 12; Cass., sez. II, 29 ottobre 2003, n. 16241, RGE, 2004, I, 590; Cass., sez. II, 9 giugno 2000, n. 7889, GCM, 2000, 1260; Cass., sez. II, 26 ottobre 2000, n. 14128, GCM, 2000, 2184; App. Catania, sez. II, 21 ottobre 2009, GM, 2010, 5, 1315; Cass., sez. II, 27 gennaio 1993, n. 966, ALC, 1993, 256; Cass., sez. II, 20 febbraio 1984, n. 1209, GCM, 1984, 2; Cass., sez. II, 24 ottobre 1979, n. 5565, GCM, 1979, 10; Cass., sez. II, 2 agosto 2010, n. 17993, DeG, 2010; in fattispecie relativa alla costruzione eseguita su un cortile destinato all’uso comune degli edifici che lo circondano: Cass., sez. II, 14 novembre 1996, n. 9982, GCM, 1996, 1522; Cass., sez. III, 10 luglio 1991, n. 7630, GC, 1992, I, 458; Cass., sez. II, 26 gennaio 1998, n. 714, FI, 1999, I, 217; Cass., sez. II, 12 gennaio 1980, n. 286, GCM, 1980, 1; Cass., sez. II, 6 dicembre 1978, n. 5772, FI, 1979, I, 353;  parcheggio: Trib. Milano 12 febbraio 1987, GC, 1987, I, 2674; Trib. Bari, sez. II, 25 febbraio 2009, n. 696, Giurisprudenzabarese.it, 2009; Trib. Como 29 giugno 2007; Cass., sez. II, 7 aprile 2000, n. 4350, GCM, 2000, 742; Trib. Milano 13 novembre 1989, ALC, 1991, 154; Trib. Trani 27 luglio 2004; Cass., sez. II, 13 gennaio 1984, n. 273, GCM, 984, 1; Cass., sez. II, 29 aprile 1982, n. 2702, GCM, 1982, 4; Cass., sez. II, 16 aprile 1988, n. 2999, GCM, 1988, 4; Cass., sez. II, 1 aprile 2003, n. 4905, GI,  2004, 981; Cass., sez. III, 24 ottobre 1995, n. 11068, GCM, 1995, 10; Cass., sez. II, 25 agosto 1986, n. 5167, FI, 1987, I, 90; Cass., sez. II, 26 novembre 1998, n. 11996, GCM, 1998, 2462; Trib. Torino 5 luglio 1983, RGE, 1984, I, 509;  Cass., sez. II, 9 aprile 1998, n. 3667, GCM, 1998, 775; Cass., sez. II, 27 giugno 1996, n. 5946, GCM, 1996, 927; Cass., sez. II, 6 novembre 1987, n. 8222, GCM, 1987, 11; Cass., sez. III, 22 agosto 1978, n. 3910, GC, 1979, I, 321; Cass., sez. lav., 2 ottobre 1985, n. 4780, FI, 1986, I, 490; Trib. Roma, sez. V, 4 agosto 2009, n. 16953; Trib. Lanciano 28 maggio 1977, GI, 1980, I, 2, 331; Cass., sez. II, 23 luglio 1983, n. 5076, GCM, 1983, 7).

Tali beni, dunque, hanno natura di beni comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., anche, ad esempio, relativamente ai condomini proprietari dei negozi con accesso dalla strada, essendo anche essi interessati a usufruire delle scale, e, quindi, dei pianerottoli, perché interessati alla conservazione (e manutenzione) della copertura dell’edificio della quale anche essi godono.

Di più: anche in un fabbricato con più scale, l’apertura di un nuovo varco di ingresso costituisce un miglioramento della funzionalità di tutto l’immobile sicché, anche se poste concretamente al servizio soltanto di talune delle porzioni dello stabile, esse sono beni comuni dell’intero condominio – se non diversamente previsto dal titolo – (e i relativi costi non possono essere addebitati solo ai proprietari della scala che ne trae un beneficio immediato); la semplice presenza in un edificio di più scale e più androni, infatti, non è di per sé sola sufficiente – in mancanza di più puntuali indicazioni circa le concreta conformazione e le caratteristiche strutturali del fabbricato, specie se esso costituisca un unico blocco – a far ritenere la piena autonomia e indipendenza strutturale e funzionale delle relative porzioni immobiliari rispetto alla rimanente parte dell’intera opera edilizia (ove si tenga conto, si ripete, che funzione della scala è anche quella di consentire l’accesso al tetto o al lastrico solare comuni all’intero edificio, e che l’androne non da accesso solo alla scala, ma anche ai muri perimetrali, anch’essi comuni all’intero stabile condominiale).

Per contro, la circostanza che la scala comune di un edificio condominiale sia utilizzata, da uno dei condomini, anche per accedere – nella specie, tramite l’appartamento di sua proprietà, sito nello stabile condominiale – ad una sua diversa proprietà, sita in un edificio autonomo (e dotato di una propria scala), adiacente a quello in condominio, non vale a far operare per detta scala, anche con riferimento a quest’ultima proprietà, la presunzione di comunione di cui all’articolo 1117 del codice civile il cui presupposto è la permanente ed oggettiva destinazione di determinate cose o parti al servizio e godimento collettivo, cioè di tutti i condomini (salva l’eventuale rilevanza che sotto altri profili possa avere tale situazione di assoggettamento del bene al servizio anche dell’immobile estraneo al condominio): ne consegue che il proprietario del bene immobile estraneo al condominio non può essere chiamato, in tale veste, a partecipare alle spese di riparazione o ricostruzione delle scale condominiali.

Problematiche particolari investono, per le loro peculiari caratteristiche, i cc.dd. “pianerottoli” di accesso dalle scale ai singoli appartamenti ove, pacifico essendo che l’atto costitutivo del condominio possa senz’altro sottrarli al regime della condominialità e riservarli, in tutto o in parte, al dominio personale esclusivo di singoli proprietari, rispetto ai medesimi, è opportuno che il giudice di merito accerti se essi siano effettivamente vicini alle scale e presentino comunque caratteristiche che li rendano necessari all’uso comune: in effetti, qualora un’area sia oggetto di uso esclusivo da parte di alcuni comproprietari e tuttavia, pur non rientrando fra la parti elencate dall’art. 1117 c.c., sia altresì idonea – per le sue caratteristiche strutturali e funzionali – a soddisfare interessi comuni, questi ultimi prevalgono, dovendo il bene ritenersi di proprietà comune in virtù della presunzione che, in base alla norma citata, opera se non è superata dal titolo contrario.

Quanto ai canali di scarico, essi sono oggetto di proprietà comune solo fino al punto di diramazione, degli impianti medesimi, ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, mentre la braga, quale elemento di raccordo fra la tubatura orizzontale (di pertinenza del singolo appartamento) e la tubatura verticale (di pertinenza condominiale), è strutturalmente posta nella diramazione e non può rientrare nella proprietà comune condominiale, che è tale perché serve all’uso (ed al godimento) di tutti i condomini.

Quanto al cortile (al quale è da equipararsi il giardino), esso – tecnicamente – rappresenta l’area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio – o di più edifici – e serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti; quella di dare luce, aria ed eventualmente accesso resta, in effetti, la sua funzione primaria.

Peraltro, avuto riguardo all’ampia portata della parola e, soprattutto alla funzione di dare aria e luce agli ambienti che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell’edificio, quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi, i quali, sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 c.c., vanno ritenuti comuni a norma della suddetta disposizione: le specifiche utilità di presa d’aria e luce o di accesso non esauriscono, pertanto, le potenzialità di sfruttamento del cortile, attinenti, tra l’altro, al parcheggio di veicoli o, anche, al deposito temporaneo di materiali durante i lavori di manutenzione delle singole unità.

Per altro verso, proprio perché la funzione precipua dei cortili comuni è quella di fornire aria e luce alle unità abitative che vi prospettano, lo spazio aereo ad essi sovrastante non può essere occupato, dai singoli condomini, con costruzioni proprie in aggetto,  non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell’art. 840 comma 3 c.c., l’utilizzazione ancorché parziale a proprio vantaggio della colonna d’aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa; ne discende, ovviamente, il diritto degli altri condomini di opporsi, ai sensi dell’art. 840 comma 3 cit., a siffatta utilizzazione esclusiva dello spazio aereo, senza necessità di chiamare in causa altri condomini al di fuori di quelli cui s’addebita la responsabilità della violazione che s’intende eliminare (non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario).

La funzione naturale del cortile, comunque, non è (necessariamente) incompatibile con l’appartenenza o la destinazione di esso all’uso esclusivo di uno o più condomini, né l’obbligo, da parte di costoro, di rispettare quella funzione comporta il sorgere di diritti particolari in favore degli altri partecipanti al condominio.

Anche il cavedio (denominato anche chiostrina, vanella o pozzo luce) è un cortile, seppur di piccole dimensioni, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi): perciò è sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile.

La “presunzione” di comunione, di cui all’articolo 1117 del codice civile, non opera, invece, con riferimento all’area circostante il fabbricato né con riferimento al suolo ad esso adiacente, in quanto “il suolo su cui sorge l’edificio”, che a norma dell’art. 1117 n. 1 c.c. è presunto comune tra i condomini di un edificio, è soltanto quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali esterni, mentre il suolo adiacente o circostante può rientrare tra le cose comuni unicamente per diverso titolo (ad esempio, quando l’area “de qua” presenti quelle caratteristiche di oggettiva destinazione del bene all’uso comune – tipica ad es. di cortili, porticati e simili – che renda applicabile la citata presunzione: si esige, cioè, una valutazione dello stato effettivo dei luoghi e dei rapporti strutturali intercorrenti tra i manufatti condominiali e la suddetta area).

da www.personaedanno.it

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